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versione italiana
english version
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Nel grande palcoscenico celeste
una stella sta tramontando.
Immersa nell'erba cerco nel tuo volto nuovi cieli da esplorare.
Nell'ultimo giorno cercherò invano ragnatele di gioia.
Nel buio una luce piccola ancora piccola poi grande quasi grande
ancora piccola piccolissima muore di nuovo buio.
Questa notte il cielo mi ha narrato antiche storie di fantasmi.
Tu sei fuggevole oblìo di morte.
La poesia conosce ogni via e torna accarezzando illusioni scolpite su antichi muri.
Nei miei occhi
rapiti da illusioni vorticose
e nelle mie mani
che toccano ancora bambole di pezza
c'è sempre una rabbia nascosta.
E mi fa ammalare di vita.
Nella penombra di una chiesa
la maschera divina piange
antichi errori di assoluto
sfuggiti in un attimo eterno
nel parto umano.
Di notte
riaffiora la solita nausea
che conosce ogni mio abbandono
e insieme a lei
le voci solite
di fantasmi felici
inafferrabili al giorno.
Anche l'ultima fuga si è compiuta. E cieli indifferenti osservano la solitudine di un cimitero.
Sono attesa da una mosca morta e da un ragno sottile.
Intorno a me il deserto io, intellettuale del ventesimo secolo.
Morte. Ah! Dopo l'ultimo delitto incontrare l'assurdo volto dell'assassino.
S'aggira sconvolto fra gli umidi incensi un monaco senza speranza.
Si ferma agli altari ascolta antiche preghiere
sussurrate mille volte dubbiose alla musa del tempo.
Disperdi i tuoi dubbi nella nuvola più veloce esplodi nel sole la tua pazzia insistente fantasia della morte.
Disperati cerchi di fuoco stanno per invadere il mondo. Ma ecco un fiore nel vento.
Io sono un arcobaleno di solitudini abbandonato a misteriose presenze.
Ora lasciatemi in pace sola con la mia ombra nevosa.
Lontano dalle certezze svergino la vita. E' tempo di distruzioni.
Ogni giorno arde la mente un accordo con l'infinito.
Ogni parola precipita di nuovo l'assurdo di una poesia.
Con le armi spezzate rivivo i silenzi che assetavano i sassi della strada
la primavera intravista nel grigio azzurro dell'acqua.
Beethoven suonava il suo pianoforte.
Oltre i vetri della scuola solo tetti che rapiscono sole
e camini spenti mani piene di crepe.
Il sole mi lascia piangendo sull'acqua l'infinito e un raggio granoso.
Sole, ancora mentre un altro clown sta morendo. Cerame
Sono stanca di plasmare nella realtà irrazionali esseri. Azzurro
che esplode qui dentro. Niente a quest'ora. Anche il fabbricante di bambole è stanco
Stagione mia mia paura di grano verde non ti allontanare non è l'inverno schiumoso.
La follia di un clown bianco esplode sulla strada Gli uccelli scendono dalle nuvole
e portano nuovi semi. Non ti allontanare freddo non è sotto la neve.
Il cigno azzurro canta e non muore nel mare oscuro grandi catene legano
le ali dei coralli. Ed io sogno sempre arrossendo. Sul prato i fiori
fuggono bianche pallottole ma tu non scappare. Canterò ancora
una lunga canzone per chi non sa ascoltare:
"Il sole nasce all'aurora e muore la sera".
Ti prego, amore delle due non andare per la strada togli le scarpe e vola
sui miei letti di ciliegie. Devasta le ombre con i tuoi occhi. Non è un cerchio di fumo
la tua mente è albero dell'Eden labbra e movimento del tempo.
Ah, non far cadere la luce! Il giorno spaventato si fermerà sui giardini dell'Eden.
Non dormire sulle foglie il corpo è un fantasma d'amore che si scioglie nei giardini dell'Eden.
Vola! Piccolo clown esce correndo dal mio cuore e si libra con il suo cappello di fiori di latta nel cielo.
Porta nelle sue scarpe la pazzìa di mille americhe. Le sue mani suonano esplosioni di catrame e colline.
Raggiunge le stelle. Amore, non avere paura. L'oceano si perde in una bottiglia
se lui apre gli occhi di cera e arde guardando la luce.
una donna sta pettinando i suoi lunghi capelli d'argento e gli uccelli cantano nel suo pettine.
Nello specchio il serpente sta morendo e nasce da un lamento il colore della terra.
Grida e silenzio negli occhi delle bambole. E lei parla sabbiosa.
Le statue divengono cuori i colori, note di stagioni. Cerimonie di sole
sulle sue ginocchia sorridono alla tempesta di Dio. E come dolcezza di erba sotto il vento
piega le mani alla danza. La notte piange nascosta nelle cattedrali
il sole abbraccia l'amore sciolto fiume nel prato. Una mattina, il mondo
La bambola dal cuore di panno
m'incenerisce malinconica.
Ho raccontato solo a lei
l'incontro notturno
ed ora le mie grida
escono dai suoi occhi laccati
invadono gli specchi sbattono sulle pareti eco di morte.
Ho sepolto un volto tra le foglie più verdi l'ho portato nella mia prigione
demolito, sverginato illuminato, scomparso.
In questo universo oro danze disperate donna oasi elevazioni.
Ricordo cubica le mie piccole mani dipinte su tela cercare giorni dolci, fiabesche risate
mentre sulla Terra maturavano semi aguzzi grida pianoforti spiagge bianche e salici.
"...E la regina precipitò nel fiume..." Piansi. Sudata d'amarezza guardavo la bambola madre
strappavo lacrime dall'acqua e le incollavo sulle sue guance Marlène.
Oh clown, clown disperato spezzato in mille colori! Finite le lune d'argento Tchaikovsky prigioniero in un singulto
denuda gli ultimi sipari. Piove miele e lacrime dalle mie finestre aperte e tutto assorbe la nebbia.
Un giorno appollaiato sulle nuvole mi portò lassù in collina nella casa bianca di sguardi
mistero tra grandi cipressi lucenti ulivi, regine flauti.
Gettata nel parco, ragnatela rimasi prigioniera fino a sera. Una corsa oltre l'orizzonte
per afferrare risate, uva dolcissima la gioia di avere un cuore e uno specchio.
Inventavo vite d'artisti sui muri screpolati strani azzurri nello stagno invecchiato.
Spezzata in profumi la mente vagava nello spazio. Poi, vestita di ali
volavo nel tuo giardino e un pescatore dal silenzio lanciava lunghe reti.
Tchaicovsky fuggiva sulla strada.
Lo vedevo rabbioso mordere il mio pianeta
e tèssere alle tre vestiti color India.
Mi alzavo tra gli angeli del giorno
e danzavo sull'arpa di Alcinoo
tempesta, tempesta, deserti!
Poi nella casa profonda
nacque un ballerino truccato
clown malato di smog.
E mi diceva grandi montagne
ma cadde dal nido delle aquile
e si ruppe. Ora l'ho perduto.
Autunno.
Lascerò presto seti di farfalla in mezzo all'oceano. Tu manderai il gabbiano
volerà fino alle mie mani avrà paura di posarsi.
Penserò: "Cosa disegna la venditrice di carezze, incenerita nel mio recinto?"
Poi nasconderò gli occhi nell'acqua e inventerò sirene.
Da una nota assopita nel buio balzò fuori un giullare di stelle.
Aspri silenzi, un violino affondato negli occhi un trucco révival sul cuore.
Ho visto nello specchio sognato un vestito gettato lontano stanco, Marta Graham
non danza più sull'abisso il gabbiano vola sul deserto e muore.
Il clown faccia di latte non può lavarsi le carezze.
Ho gridato un insulto alla luna piangendo inventate chitarre assolate.
Grazie per l'oro e l'argento esplosi nella mia isola cielo. Tombée.
Nel focolare bruciano grandi pensieri.
Un gatto me li ruba sbadigliando le otto. E' strano ignorarsi
luce, recitare ancora i soliti occhi di carta mentre l'inverno morde le terre
Ucciderò un sorriso piovoso in uno di questi cieli. Correrò sulle foglie straziate
grido fantasma venti rossastri, affamati. L'ultimo clown suonerà sugli alberi.
Una sera inventata si colorò di bianco e fuggì sulla città, calpestando lacrime di pioggia.
Il mio vento rosso agitò il mantello sconvolse il suo volto di pietra.
Ma ormai una statua sorrideva nel giardino e il suo cuore volava sulle galassie. Inutile bianco.
Giorni così lunghi ultime musiche d'arpa ricordi congelati sere solitudine.
Mi vesto dilagano nevi amore allo specchio.
Ti cerco, deserto impossibile in quelle ore affossate senza nome, senza cieli.
Quando l'amore si spezza in sguardi ancestrali e avanza furente su morbide dita.
Quando la voce del profeta incantata nasce sulla roccia e il mondo ride delle morti.
Quando i violini invecchiati spaventano, correndo i misteri del dio mosaico.
Quando la luce si spegne due volte e il cuore batte campane.
La luce si spegne ancora e mi ricordo il tuo nome. Tocco la lampada perché
ancora faccia giorno. Ti cerco al buio, ti invoco stringo le dita.
Scintille di cielo annegano il sole la luna sconvolta impallidisce nel fossato
tornano le morti con visi improvvisati. Sento il suono di echi, di echi.
Di amori, di amori interrotti. Di mani spezzate di sangue sguardi azzurri suicidi
pensieri in alto trucidati. Al tempo, tempo che morde un pugnale gettate nel cuore.
E' tempo di paure assordanti. Un dio ubriaco di nuvole scatena giorni metafisici
su bianche plastiche. Sostanza.
Mi chiamano dalla luna nuvole, inni di sete sete di mari d'argento
amori, statue, confini. Si tessono mediocri colori mordendo le morti del sole.
Si consumano povere musiche teatrali. Si spezzano occhi d'infinito
si vivono amori sessuali credendo di volare. Scherziamo la notte con fantasmi
danzano strane preghiere. Guarda! Clowns e primavere. Basta, qui sulla terra.
Amo la terra ma ho sete di mari d'argento.
Sapore di terra morde il corpo terra, stagione che torna danze, acqua origine.
Ti ritrovo con i segni del clown per le lunghe discese dell'inconoscibile amore mio.
La strada è tutta bagnata ombrelli colorati rossi e verdi
danzano tra le storie di gente che va e che viene.
In equilibrio con la musica tutte le cose fluttuano dolcemente
e tutto va, va anche la malinconia del ricordo con un salto nel tempo
improvviso, leggero va. Va, e torna nel suo primo giardino nel gioco delle mani
nella bocca appena socchiusa. L'estate, solita, incredibile,
pazza, bianchissima, sorride e guarda.
Ah! Vivrai ancora, purché non giochi a nasconderti nel bosco dei folletti.
Ho paura di un ragno nero
grandissimo. Ogni notte cammina
vicino alla mia stanza
ragno della solitudine, della cattiveria
del desiderio, della fame
di azzurri declinati in inferni.
Ragno aguzzo della luna calante
della mancanza, della lontananza
di una voce infantile
disegnata e poi cancellata.
Uscendo dal cinema
una musica improvvisa scorreva sulla piazza un rincorrersi di chitarre e armonica. La vita, bambina ricciolina
con la gonna alzata con sotto cento estati, un disco rotto
che girava lo stesso. Sono contenta d'incontrarti ogni tanto
gioia assassina di un attimo fantasia che esisti, perché la realtà non c'è.
E' nascosta sotto la gonna della vita, bambina piccina.
Io sono lì vicino ma non so come agganciarla.
Anche io sono sospesa
da un ponte dopo la morte nera
come la stagione giallo cera
che correndo dipinge il campo e la collina.
In un cuore che batte ad un ritmo!
Sospesa tra odio ed amore
tra un morto e un vivo
tra due mondi e due occhi allungati
tra l'alba e la notte.
La solitudine è viola viola e rossa è nascosta in autunno, ma c'è.
La morte le danza attorno, la corteggia
sfacciatamente, è lì, l'ha quasi conquistata e le sfugge di nuovo.
Sole salato, tenebre ad una parola la vita può finire.
Una figura infantile cammina nel giorno di sera ha paura.
Ad ogni strumento che sussulta spietati assassini sogna in agguato.
La vita e la morte s'abbracciano di notte.
Quando tornano le antiche foglie
le pietre profetiche?
Ero negro come la terra
seme mai sparso nel cielo
ero piccolo mostro marino
essenza di verde e d'azzurro
incastonato amore nel nulla.
Un fiume e l'uragano e la donna
mi portano su queste sponde.
Il sole, l'inizio, il ritorno.
La morte era una hostess
con un dolce all'ananas
prima che aprissero la porta
di quella camera gialla
dove c'era una vecchia dissanguata
con la bocca spalancata.
Scappa Celina! Quando uscirai dal guscio dei sospiri
e cercherai di farti capire ti segheranno lentamente le vene
Il fantasma dell'incontro è arrivato fluttuante nell'aria bianco, con occhi incredibili.
Ha proseguito la sua strada pianissimo ho incontrato nella sua anima un clown.
Il passato. Probabilmente esiste solo ora e non si sa fino a quando. Il mio fantasma è innocente
non ha colpa dei miei peccati fuggirebbe qualsiasi tentazione. Lo costringo con mani d'inferno
a fuggire l'innocenza. L'ho distrutto da bambino e ogni tanto porto fiori sulla sua tomba.
Quale parte sei di me tu, che mi lanci occhiate fiabesche d'amore?
Sei uscito dai cassetti vuoti dai ricordi più sgualciti da prima che io nascessi.
Ci siamo già sorpresi in un lago d'argento.
In un mondo di falsi eroi in
decadenza e di ibernati in
frigoriferi a più piani
io vago senza pace.
Tutt'attorno la solita noia. Occhi liberi, sorridenti bocca d'angioletto. E' una nota acuta
un bacio dato con la punta delle labbra. Tutt'attorno la solita noia.
Sei mutato come il grano nei campi dalla primavera all'estate.
Impallidisci nel mio schermo come la luna all'alba.
La tua bellezza eccessiva andrà sprecata dispersa nella lunga fredda stagione.
Il dolore di averti perduto colmerà i miei giorni più di mille amori.
Quando tutto è finito è la bellezza dell'amore come ai primi sguardi fantasiosi.
Il vuoto riflette i tuoi occhi stanotte ritorni bambino la morte in punta di piedi per non svegliare nessuno.
La passione è il ponte sopra il fiume dispersione nei primi istanti preziosi. Poi avanziamo su niente
vuoto senza tempo e materia. Sprofondiamo, siamo assorbiti dall'intensa assenza di un corpo differente.
Quando la vita cadrà nell'abisso resterà una eco, una parola. Vestito di viola, un giullare
busserà alle porte di tutti insisterà, suonando i campanelli recitando qua e là versi.
E la gente getterà cocci e bicchieri nella strada come l'ultimo giorno dell'anno.
Vestita di bianco oscillante al suono del registratore l'estate girava per le strade del centro.
Girava con un cappello nero in testa con occhi da gatto con un viso da bambino viziato.
Mi ha guardato le gambe ed ha sorriso. Tornava da un lungo giro dai pianeti dell'amore e della guerra.
Il suo corpo era esile esile il sorriso, gli occhi da gatto. Ho rivisto l'estate un mese dopo
camminava più piano, zoppicando. Nascevano nei suoi occhi le prime rughe
nel suo sorriso i colori dell'autunno. Mi ha baciato le gambe
ha odorato la pelle i suoi occhi erano chiari e odorava di tabacco.
Nuova luna stasera guarda le case degli uomini
Occhi obliqui, linea delle montagne sorriso largo come ali di sparvieri
gelido chiarire, corona di chiome. Luna di gennaio. La paura di precipitare
lungo sentieri planetari colora la sfera nuziale. Ma misteriosi magneti
la legano alla giostra del cosmo e le stagioni la cercheranno ancora
con gli occhi di Zeus punto luminoso, fisso come la morte.
Giungevano a me due amici alati si spiumavano gioiosi sopra la via si baciavano nel becco spudoratamente.
Quale sarà il mio destino? Di divenire una spettatrice d'amore, una voyère?
"Meglio che t'affoghi a fiume, o voyagère" ironizzava Kurt dall'alto della collina.
Un cipresso era per me la statua in Campo d' Fiori. Io in bilico, felice, sulla sottile
corda della ragione. Statua.
La giostra gira, la neve fiocca e il violinista danza sopra il carillon.
Io sono ancora lì che galoppo con enfasi sopra il cavallo nero.
E il carillon s'impenna alla terza nota in mi.
Sono la donna che ti ama non avendoti conosciuto.
Avevo otto piccoli mesi e tu morivi. Sono la tua ultima donna
sicuramente, Erich.
Ogni passo sulla strada è il tuo. Hai posato un po' di desiderio
sul mio ventre, e te ne sei andato. Ogni passo sulla scala è il tuo, Gabriele.
Ricordi la sera che sembravi l'uccello di fuoco con una ciocca di capelli verdi
e il viso purissimo. Eri così felice insieme a lui! Sei più bella ora, nella pena d'amore.
Ti aggiri per le strade del borgo natìo e gli dèi sono gelosi della tua splendida confusione.
Conosco tutte le tue voglie so come guarirti. La signora vita
ci organizza nuovi incontri per farci sognare, Hedda.
Mi hai tolto le promesse d'amore la beltà e l'aroma del primo sguardo furtivo.
Il diavolo avrebbe pianto sulla mia disperata fuga da te. Ti odio, aspettando che tu muoia
prima di morire anch'io. Ho imparato a non piangere quando già scende la pioggia.
Ridammi tutti i miei sogni.
Annodata alla visione di uno sguardo oscuro ho segni evidenti sulle braccia
ed una cicatrice al ginocchio sinistro. Mi ritroveranno così, Ariel.
Liberami. Fa' che io torni a danzare sopra il nulla. Rientrerei nella naturale assenza
morta, con te e senza di te. Era il giugno caldo come l'agosto Manet ballava sulla parete
e noi in silenzio lasciammo un letto pieno di sangue e di sperma.
Avevamo ucciso l'aurora vestita di candide tulle, Ariel.
O notte rotonda, solitaria che giunge in pantofole e addormenta il mio cerbiatto d'argento
cacciando gli orsacchiotti sotto le lenzuola. Sei la notte dell'attesa d'amore
la notte più lunga e più bella indecisa, estatica. Ancora non so chi sceglierò
per il grande ballo nella sala azzurra. O luna a falce calante puoi ripassare domani sera? Estatica
Sono davanti ad un camino spento, in bilico sulla paura. Chi mi salverà dallo sconosciuto
che ha abbattuto il ponte levatoio allagato l'anima e imprigionato occhi ed orecchie?
Fate sporche, folletti blasfemi donatemi un amuleto minuscolo come il tempo che ci separa dalla sua venuta
perché io possa legarlo all'albero più alto del bosco e danzare davanti a lui senza farmi toccare.
Un pezzo di cielo è come un cibo, un liquore una nuvola è una sigaretta leggera.
Sono in mezzo al dolce del tempo e vago su ciò che spaventa tutti.
Gallerie celestiali s'aprono sopra le due felci del mio giardino.
Stavo per scrivere un nome sconosciuto nel posto delle piante sempreverdi.
E' inutile cercare un senso se tutto è quel senso.
Sono cantore del niente il menestrello della diciassettesima notte.
Lucrezio, Antonin e il vento che agita i mari. Dove avete messo i miei detti e il papiro della vita?
La cometa annuncia nel suo alone fiabesco la morte di una bimba.
Le stelle non mi amano più l'usignolo continua a cantare nel mattino oscuro.
Addio, bimbina che te ne vai sulla coda di una cometa.
Avevi un gabbiano celeste e un ciuccetto verde che apriva la porta.
A tre anni già soffrivi, ma nessuno ti capiva Hedda, Caterina, Patrizia.
Notti di mollezze, carezze, mollette di panni sporchi d'amore
da lavare per il secolo dopo. La cornacchia annuncia un altro giorno.
Passeggio in su e in giù sulla scaletta di legno.
Al secondo gradino è la sirena della nave che prende il largo.
Notte di mollezze, carezze e mollette.
Notte brutta, aguzza senza di te, amore. Luna piena, amica come la gioia mia.
Dove sono ora non mi seguirà alcuno. Non mi troverà che la luna
affettata a metà sopra il tetto. Su per la gradinata magica che nessuno conosce.
Che mani fredde che avrò! Fa silenzio, entrando nel verde bosco dei giochi.
Cammina sulla punta dei piedi insieme a Willie Stratford.
Oh, Franz!
Ecco l'antico talismano dell'Eros
che tu apristi un giorno d'aprile.
Io sono fuggita dal tempo che passava.
Ci sei sempre e solo tu
in fondo ad ogni gioco perverso
a lavare in centrifuga la mia innocenza
e a farmi ridere sulla morte.
Solo tu non hai paura
della mia ombra di bambina morta.
Continui a giocarci come fosse cosa viva.
Nella casa nova
porta il respiro ipnotico
che ti guarisce le ferite di guerra.
E la mia manina boccuta
che ti scalderà d'inverno
e ti soffierà dentro il fresco
nella bella stagione.
Immutabile
sempre uguale la bellezza
è a se stessa.
Eternamente fuori da ogni estraneità
noiosa, ma perfetta.
Vive al limitare del bosco
si sveglia all'alba per sorvegliare le fate
e per correre in qua e in là
dietro alle farfalle: è il folletto Dindo.
Lo sanno solo gli scoiattoli
e i vermi del tronco dell'albero.
Adora le lacrime della Madonna
e teme le ali nere dei rapaci.
Io non esisto
nessuno osa pronunciare il mio nome.
Sono Pixie de' morti.
Sollevo le zolle quando piove
ed escono fuori i vermicelli della carne.
Bevo il vino vomitato dai barboni alcolizzati alle tre della notte
e divento un pezzo di ghiaccio
quando mi sfiora il vento del nord.
Grazie a Dio e a qualche altro creatore
non sono più umano da tanto tempo.
Per questo a volte sono felice.
La parola sepolta dentro di me?
Ritornerà. E muoio, e prendo un'altra forma
e lascio tutti alla stazione
a salutare con i fazzoletti.
Hedda! Non
fare resistenza
al curioso mutamento.
Non avere paura di pronunciare
il tuo nome vietato
in tutte le
contrade del paese.
Sei qui per rievocare la
magia
e le antiche pergamene
dei fuggitivi artisti puri.
Fiocchi di nuvole rosa di notte pigri messaggi del pensiero su, accelerate la vostra passeggiata.
Correte, andate da lui e fategli capire che è amato lo sciocco sorcio di campagna.
Dove andremo in questa sconfinata libertà? Nel nulla.
Cammino dentro un suolo morbido. Apro la mano sinistra e poi quella destra.
Dove entriamo questa notte? In una nave di stupratori.
Io e te insieme siamo tutto il piacere del mondo.
E' dolce rifugiarsi tra le braccia dell'infinito amante di carezze mai provate in un cielo limpido amico delle tue debolezze o poesia.
In nome tuo illusione giocherò in eterno
Miele e argento argento chiamato invano tu, la mia stagione. Non voglio lune né stelle di latta, voglio argento puro dalle tue vene eterne, o Musa spaziale. Voglio anche temporali e do re fa e ancora mi fa si do e vino d'amore e foglie rosse e semi sotto la veste e nevi azzurre. Pianto. Morte no. E castelli di occhi e acqua e aceto nella palude. Morte no. E quando si spezzeranno gli acciai e i pipistrelli moriranno nel sole, mi vestirò di azzurri e cercherò le oasi degli dei. Pioggia sì, ci sarà. E tu. E una voce di rocce bianche riderà le sue note. E io sarò un miliardo di parole. Cielo, cielo, cielo! Dalle zolle affamate i tuoi specchi ingannano gli arrabbiati. Cristallo opaco il tuo tempo. Morte, no. Ma le nuvole camminano sulla strada e mi spoglio d'argento. Ubriaca bevo quello che rimane. Fantasmi svolazzano nei miei castelli. Si ubriacano anche loro. Oh, che notte formidabile! Anche un sogno spalanca grandi oceani. Amore amore amore urlo dalla torre e poi rotolo giù nell'avorio. Sto cercando un protagonista non credete alle favole. Delusione calcificata, pazzo clown, occhi atomici! Poi si spalancano mille abissi, avorio e sento movimenti di aquile atteggiarsi a cielo. Morire di paura sciogliersi quando finire. Si richiudono in note e mille angeli senza ali né azzurri propagano furore, i volti della terra.
Lontano, nelle mie reggie crepuscolari mille romei vestiti della notte danzano senza musica porgendo mani e labbra di porcellana. Si fondono i sapori delle fate e delle streghe. Il cielo è mare e il mare movimento mentre la mia maschera cade e gli occhi fissano il vuoto. Vestitemi d'amore in mezzo alla grande sala, fatemi regina dei miei sogni! Vorrei morire e rinascere se solo tu, tu, tu, ardendo d'avorio infiammassi il mio continente.
Ancora qui, stazione di sogni dolciastri dai grandi occhi fissi sulla mia bocca. Giochi con l'eco a rincorrere le nostre spighe. Non si è seccato il grano nella valle? Dove è annegata la bambola rossa sedotta nell'ombra dai tuoi sguardi di cenere? Il falco ha trovato un capello nella valle delle ombre e veloce lo ha posto sulle mie guance deserte. Dietro la nebbia il tuo fantasma piange e il corpo si distende nell'erba ad aspettare il mio vestito nuovo. Ho paura, tanta paura di sera nella valle delle ombre. Accendi un fuoco, Julacs, perché nella mia casa i fiori temono l'inverno. Il mio amore non ti rassomiglia, è lontano, sta volando su Venere, mi tradisce ogni notte con le stelle. E' una sgualdrina enorme, ha un cuore di riserva, latta e polvere scioglie nel suo letto e ogni cielo che esplora si colora di incensi. Quanti inverni mi ha lasciato sola nella nave ad aspettare! Ma le farfalle fiorivano sul timone e i miei canti lo facevano tornare. Ulisse avvelenato. Ho le mani piene dei suoi assalti. Mi sono fatta pietra ma il fiume mi rapiva, la rondine mi nascondeva nel suo nido, ma con la luna, mi rincorreva di nuovo. Un giorno il mio amore disse: "Tu sei…" nella valle delle ombre. Lui era il maestro ed io l'allievo fedele. Siedi sulla nuvola, lascia che si liberi la pioggia dalla bianca realtà dei tuoi occhi. I miei fiori stanno aprendosi, Julacs, non devi credere alla mia verginità. In giugno il mio amore mi portò nella valle delle ombre, nel suo regno di castelli in rovina, aprì un sentiero nel fiume e mi prese con i suoi pensieri. Le betulle suonavano l'Oriente e la rondine rideva sull'acqua. Dissi: "Dio, non potrò più morire!" E l'alloro piangeva tra i miei capelli. Adesso, ad ogni Pierrot che corre al tramonto torno nella valle delle ombre e il mio amore dice: "Tu non morirai"
Batti le mani sull'acqua strana sirena, ore dieci, chiudi gli occhi, inizia la danza. Palcoscenico azzurro lunghe scale senza luna, il mio respiro disegna l'attesa. Arrivi infine, dolce follia. Posa i tuoi pensieri non ti ricordavo così spaziale. Devi dire "Quando…" Io soltanto "Ti voglio" e il tuo vestito s'incurverà nell'amore. Sul mio albero la tua storia, Mozart. Era freddo. Il sole rincorreva le stelle, come correva! E tu recitavi le tue parole dall'alto del faro. Ora ricordo quando morì il primo clown. Violini enormi affondavano nella mia testa. Ho camminato molti giorni con la vita, senza di te. I sorrisi delle maschere e il segreto di tutti sepolto qui. Ma ieri ho guardato dal mio castello sulle bianche comparse. Manca un attore sul mio palcoscenico.
Vedove azzurre grideranno ai miei cancelli quando mi libererò di te. Un giorno, istante, mi sveglierò sul tuo volto lo guarderò atomica. Scompare, diviene musicale, cammina, si allontana. Spazi di betulle nascondono i robot che avanzano con mani di metallo. Poi incenso bianco e un'orchestra balza sul vuoto, lo cattura, ne fa occhi di cervo, giovane amore di candela passi vocali d'alleluia. Afferrerò il tuo addio sorriderò clownesca con le labbra gelate mantide verde di esibizioni. Ma tu, mio amore terribile, potrai finire così? Non ti ribelli, o dolce falco, all'oblio, alla nebbia? Le tue mani contorcono il violino, lo spezzano in mille cristalli. Piangi, Dio, piangi! E' una recita nera, non voglio sentire. Piangerò anch'io aprendo la mano piena d'insulti. Vedove azzurre grideranno ai miei cancelli quando mi libererò di te. Addio.
A che serve questo buio allunato disteso sull'acqua se il suicidio risata sputando singhiozzi sulle strade non ritrova i suoi pugnali violastri? Chi, chi cercherà veleni per il mio cuore invece di gridarmi in faccia la vita? L'erba sopra i capelli nasconde ancora Hedda diversa correre, cantando un amore. Amore, amore inventato tutto inventato. Una sgualdrina assetata agitava le piume, e il gentleman le asciugava la bocca sangue con un pezzo di tempo scaduto tutto sognato. Attraverso i suoi occhi penetravo i colori e il bianco era bianco e l'azzurro era azzurro. Bastava voler ballare e i miei cieli ballavano impazziti. Amavo tutto, anche gli uomini dal mio palazzo di magie. Mi dipingevo le ciglia stupida primavera. Ora si è arrampicato sull'inverno ed io muoio di freddo. Il falco assonnato sbatte le ali sulle pozzanghere. Odio incolore sulle pareti. Troppo amore. Il sangue silenzia i suoi passi fugge, vento nella notte. Fingo di non sentire. Scardino le mie morti. Allunazioni.
Se volessi cantare un'aspra solitudine canterebbe per me oceani, rapirebbe l'eco di uno sguardo stellare da lunghi tunnel deserti. Solo armonia lunare uscirebbe dal mio cielo più azzurro.
Dicono: "Devi spezzare le tue ali così inutili! Gli uomini non vogliono poesia:" Ma la realtà è questo fiore così rosso, morto e vivo da secoli.
Stanno scavando nel mio cuore una strada. M'assalgono antichi deserti, pianeti, e la bianca figura del quadro. Chissà se ricorda quella corsa tra le foglie, strano diluvio d'amore? E tu, invocazione, terra arata, poeta invecchiato, mi vedi ancora con la tua amica cocaina? Così dolce scoprire che ti amerò sempre, garçon mai amato, sempre cercato, così dolce, garçon inesistente. Sono vuota stasera. Davvero ho bisogno di danzare.
Nelle ombre dell'incoscienza distese sui prati esplodono lotte di stagioni. Ballerina bianca snoda gli occhi del mondo fuggendo. Straordinario! Sto sbattendo uno dei miei cuori contro le stelle.
Il cielo sta diventando terra arsa dagli occhi affamati. Fugge la voce spaventata. Resta solo una notte. E un pianeta.
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