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La risata della luna
Sono le due della notte e due gabbiani bianchissimi volano tra le nuvole rosate dalla pioggia imminente.
Io vi annuncio che regnerò sopra gli ultimi frammenti di bellezza del pianeta. Non possiamo sapere se alla fine resterà solo la bellezza. Sono la luna. Vi guardo da quassù mentre vi agitate a vivere, o umani. Voglio chiarire alcuni secolari equivoci e false opinioni che avete su di me per dissiparli. Non è vero che sono triste. Se mi osservaste più attentamente quando sono piena, non sovrapponendo il vostro sacco di tristezze al mio volto, potreste notare che le pieghe scure formano sulla mia maschera ora pallida, ora accesa, un'espressione alquanto allegra.
Io rido, strizzando lievemente l'occhio, ammiccando, complice distante delle vostre notti terrene.
Me la spasso quando nascosta sotto una fitta coltre di nubi qualcuno tra di voi mi cerca invano prima che piova sul mondo.
Non mi sento mai conciata ad esile falce come voi mi vedete ridotta dall'intero. Io sono sempre uguale internamente. Siete voi che ogni tanto avete le traveggole.
Finiamola anche con questa stupida ipotesi sul mio presunto amore impossibile con il sole o quello più ragionevole per affinità con il pianeta degli anelli. Uo sono per inclinazione una solitaria che ama immaginare le storie, un'onanista come voi definite chi fa l'amore con se medesimo.
Se mi concedo un amplesso al secolo è per non scordarmi quella sensazione così umana. E nascondo accuratamente quelle manciate di minuti tra le stelle più sconosciute, perché nessuno possa trovarne traccia nell'intero sistema solare.
Se mi fosse consentito da madre natura, vorrei che il mio pallore divenisse fatalmente orrifico per illuminare le stanze dei potenti aguzzini. Io creerei giochi d'ombra spaventosi da cui potessero materializzarsi fantasmi cinesi con lingua e cresta di drago dagli occhi gialli senza pupilla.
Rivolterei l'umano, poiché se lo scopo è la felicità e per essere felici spesso occorre essere poco umani, allora è segno che urge un nuovo equilibrio non più umano, gioco armonioso in su e in giù per le scale del vivente. Così le piante godono, ascoltando il 'Pater Noster' di Liszt o 'Il Diavolo Zoppo' di Haydn e crescono sotto la mia luminosità.